UN PROTAGONISTA RITROVATO
Gustave Serrurier-Bovy nasce e opera nel cuore di quella che è stata una vera e propria rivoluzione industriale, sociale, artistica, in quell’Europa formata da nuovi Stati nazionali e dominata da una nuova classe, la borghesia trionfante, che fabbrica di tutto e per tutti con l’aiuto delle macchine, commercia ovunque, approfitta dei nuovi mercati aperti dal colonialismo (e relativo sfruttamento), ma crede anche nello sviluppo e nell’uguaglianza delle opportunità.

Bisogni diversi, aspirazioni mondane, velleità culturali, ma anche curiosità per il nuovo, per idee di progresso e solidarietà che in qualche modo mitighino gli effetti perversi di un capitalismo che nella Gran Bretagna vittoriana come nella Germania prussiana e nella Francia del Secondo Impero ha creato situazioni di povertà intollerabili, di sfruttamento ignobile, di emarginazione di vastissimi strati della popolazione.

Basti rileggere Dickens, Hugo, Lemonnier, e ovviamente il Manifesto di Marx e Engels…

Le contraddizioni sociali spingono la parte migliore della cultura e dell’arte europee a immaginare il riscatto dalla povertà e dall’ignoranza non tanto con una rivoluzione armata e rovinosa, quanto con un assiduo lavoro di “evangelizzazione” culturale che si esprime anche nell’arte (e pensiamo a Van Gogh fra i minatori del Borinage), negli oggetti, negli ambienti, oltre che nell’allargamento dell’istruzione e dei diritti civili.

Da qui, da questa utopia artistica prima che sociale trae linfa e creatività gran parte del movimento modernista, quale che sia la dizione e la declinazione assunte nei vari Paesi.

Da qui, la progressiva scomparsa delle ampollosità eclettiche e storicistiche e il crescente interesse di architetti e progettisti d’interni per il riscatto abitativo delle classi lavoratrici, ma anche per un rinnovamento totale del panorama domestico in generale.

Accanto, o meglio in controcanto, si sviluppa un filone spiritualista, decadente ed esoterico che pure informa numerosi prodotti dell’arte, della musica, della letteratura: ricordiamo, fra i molti, Maeterlinck, Delville e Knhopff in Belgio, Debussy, Puvis de Chavannes, Moreau, Gallé, Lalique in Francia, Wilde e Burne-Jones in Gran Bretagna, Gaudí in Spagna, Klimt in Austria…

Quel che oggi veramente rimane tuttavia è l’opera, progettata e in parte realizzata, dei grandi architetti che si fecero designer totali: da Horta a Van de Velde, da Olbrich a Hoffmann a Behrens, da Guimard a Majorelle, da Mackintosh a Mackmurdo.

E a questi nomi va accostato quello di Serrurier-Bovy.

IL PERCORSO DELLO STILE
Prima del 1894 lo stile di Serrurier è ancora eclettico/storicistico, con prevalenza neogotica.

In seguito prevale quello che egli stesso definì “stile artigiano”, con mobili solitamente in legno di quercia dove una certa reminiscenza gotica si unisce al carattere tradizionale del mobile rustico della zona di Liegi.

Buffet, credenze, panche-libreria sono solidamente costruiti mediante telai a cornice e pannelli; una traversa obliqua rettilinea, a volte anche arcuata, puntella i montanti degli armadi; le traverse della cintura dei tavoli sono spezzate da curve e rientranze che conferiscono maggior leggerezza.

Alcuni mobili sono coronati da un elemento trasversale curvo collegato al resto del mobile mediante lastre verticali raggruppate a tre per volta; questa traversa curva si appoggia da un lato sulla struttura dell’armadio, dall’altro su un montante la cui estremità superiore aguzza offre un profilo quasi neogotico.

Lo schienale delle sedie è trattato in due modi diversi. Ora è applicato a un telaio, cui viene fissato tramite bulloni a vista, ora è il telaio stesso a fungere da schienale, creando uno spazio d’appoggio per il dorso fra il gioco dei montanti.

I piedi di tavoli e sedie all’inizio sono in legno tornito ma ben presto assumeranno forma quadrata diventando poi elementi dotati di curve e profili accentuati.

 

UN PROTAGONISTA RITROVATO
Le applicazioni metalliche, i pomoli e le maniglie sono trattati in modo singolare. Tutte a curve e controcurve, fanno pensare alle incorniciature delle pagine miniate: il loro splendore e il profilo sinuoso spiccano sulle forme sottili dei montanti di legno.

Dal 1895, con l’arredo per il notaio di Bruxelles Bauwens, lo stile di Serrurier si fa più opulento e lirico.

Dal 1901, dopo la visita alla Colonia Artistica di Darmstadt, assistiamo a una progressiva semplificazione e purificazione delle linee, con un’attenzione sempre maggiore alla funzionalità e alla congruità degli arredi.

La nuova maniera inizia nella dimora stessa di Serrurier, L’Aube: dalle fotografie dell’epoca e da quello che è rimasto dopo i rimaneggiamenti e le dispersioni, cogliamo una raffinatezza concisa e ordinata, una sobrietà costruttiva che rinuncia a qualsivoglia lirismo. In armonia, del resto, con la struttura architettonica, pure disegnata da Serrurier, aliena da esibizionismi decorativi o da avanguardismi eccessivi.

Una bella home all’inglese su due piani e mansarda, immersa nel verde e nei fiori, “bagnata nella natura” come scrive Watelet. Natura viva nelle piante della veranda, vero e proprio giardino interno con vasca e giochi d’acqua, nel giardino esterno, disegnato dallo stesso Serrurier, che ha scelto e collocato fiori e piante, nella grande voliera abitata da varie specie di uccellini canori.

Più volte ospite dell’amico, così scriveva Jules Destrée: “Serrurier ha disegnato il progetto e diretto la costruzione; ne ha studiato la decorazione e l’arredo fin nei minimi particolari, con un gusto delicato e uno stupefacente senso pratico e l’ha chiamata ’l’alba’, a significare sia la sua legittima fierezza di iniziare qualcosa che ancora non era stata fatta, sia la sua modestia nel ritenere che si tratti soltanto di un inizio, un preludio vago ed esitante del giorno luminoso che verrà…”.

L’evoluzione stilistica di Serrurier si manifesta pienamente negli arredi del castello di La Cheyrelle in Alvernia. Qui troviamo un atrio con tavoli e poltrone di audacissima forma cubica, montanti dritti e sedili in cordame intrecciato; nell’ingresso principale, il giro di rampa dello scalone è sormontato da un alto lampadario montato su una struttura in ferro costituita da lastre piatte dipinte in azzurro-verde. Dallo scalone si accede al pianterreno seminterrato che forma un grande e unico volume.

Il soffitto a campata unica è sostenuto da un’armatura in legno i cui montanti verticali terminano in archi spezzati; i diversi spazi del locale sono determinati dalle tende che scendono dall’armatura: anticamera, salottino, angolo biblioteca e grande sala da pranzo.

Dallo scalone si entra poi nel soggiorno con l’immenso camino aperto, che invita a sedersi accanto al fuoco.

Tutto l’arredo della sala da pranzo richiama nello spirito la villa di Cointe. Solidamente raccolti intorno al desco famigliare, dotato di prolunghe, i mobili di quercia presentano una semplice decorazione a lastre metalliche dipinte in verde-grigio. Le camere da letto sono arredate con mobili Silex in legno di betulla assemblati con bulloni a vista e decorati a stampo, creati contemporaneamente al progetto per l’arredo di una casa operaia dell’Esposizione di Liegi del 1905.

L’ultimo esempio, ed estrema testimonianza del percorso stilistico di Serrurier, sono gli arredi per Villa Ortiz Basualdo a Mar del Plata. Complesso straordinario di mobili e decori, per decenni rimasto anonimo e finalmente attribuito al suo artefice da Jacques-Grégoire Watelet nel 1986, dopo l’acquisizione della villa da parte della municipalità.

Qui, oltreoceano, ritroviamo il più puro “stile” Serrurier nelle concezioni architettoniche degli interni, nella magnificenza discreta degli arredi e nell’utilizzo dei mobili Silex nella “stanza verde”: mobili che apparvero a chi non conosceva l’opera di Serrurier come un prodotto degli anni Venti e oltre.

by Anty Panser